Sono Capalbio felice,
difeso dal leone senese dal quale sono protetto,
e da queste prime mura restaurate a proprie spese
e dalla altre mura che circondano le prime,
correndo gli anni millequattrocentoquattro
oltre i quali il mondo aveva girato dieci anni e più volte due.
(Traduzione del testo posto sulla Porta Senese fatta da D’Annunzio)
Capalbio è il comune più a sud della Toscana. Piccolo borgo arroccato su una collina, è divenuto importante durante il periodo rinascimentale. Deve il suo nome al territorio dove sorge visto che lo si fa probabilmente risalire al latino Caput Album per via delle cave di alabastro bianco che si trovavano nella zona.
Molte famiglie del Rinascimento italiano sono legate alla storia di Capalbio tra cui i grossetani Aldobrandeschi e gli Orsini con la Repubblica senese. Sconfitti i senesi a opera delle truppe spagnole che fondarono lo Stato dei presidi nella Maremma meridionale, Capalbio venne assegnata ai Medici e da quel momento in poi il comune fu interessato da una profonda crisi economica e demografica dovuta sia alla lontananza dal capoluogo amministrativo sia ai problemi legati alla poca salubrità del territorio e alla malaria.



I Medici persero la sovranità sul Granducato della Toscana nel 1737 quando divenne carico degli Asburgo Lorena, ma la situazione della Maremme non migliorò finché non ebbero inizio le opere di bonifica alla fine del 1800 e successivamente nell’era fascista.
La riforma agrario degli anni Cinquanta fu forse la prima vera spinta al rinnovamento di questo territorio lontano dal nucleo più noto e famoso della Toscana.
Nel Novecento è stata soggiorno di molti artisti e intellettuali tra cui Niki de Saint Phalle che ha donato la propria casa museo, il Giardino dei Tarocchi, al Comune per garantirne l’accesso al maggio numero di persone possibile.
Oltre al Borgo e alla Rocca che testimoniano la storia della Piccola Atene non si può tralasciare la visita alle Dogane Pontificie lungo la via Aurelia.